COME NOI NEL BENE E NEL MALE
Nel 1960 la ventiseienne Jane Goodall arrivò alla riserva di Gombe Stream, in Tanzania, per studiare il comportamento degli scimpanzè in natura. Con i suoi metodi scientificamente poco ortodossi, nel corso di cinquant’anni, la Goodall è riuscita a cogliere aspetti del comportamento degli scimpanzè sfuggiti ad altri ricercatori ed è riuscita a dimostrare che queste scimmie antropomorfe condividono con noi molti tratti in precedenza ritenuti esclusivi degli esseri umani.
Infatti, come gli umani, gli scimpanzè hanno un lato oscuro e sono capaci di violenta brutalità: di sconvolgenti attacchi ai neonati da parte delle femmine della stessa comunità o persino di fare la guerra, si impegnano, infatti, in una specie di battaglie primitive che sembrano legate a questioni territoriali.
Ma gli scimpanzè provano sensazioni ed emozioni e sono in grado di pensare; questa scoperta costò alla Goodall enormi critiche, poiché, come lei stessa asserisce, “… ogniqualvolta una scoperta sfida l’esclusività umana, ecco che tutti si danno da fare per cercare di trovare qualche altro modo che provi la nostra unicità, ma la linea che ci separa dagli scimpanzè è veramente molto confusa”.
Il grande merito del lavoro straordinario di Jane Goodall risiede nell’aver contribuito ad abolire la profonda spaccatura percepita tra noi e gli altri animali. Ha aiutato le persone a capire che siamo parte del regno animale, che non ne siamo estranei, e questo ha aperto la strada del rispetto per gli esseri sorprendenti con i quali condividiamo il pianeta.